Gay & Bisex
SISSIGNORE
di Foro_Romano
04.11.2021 |
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"Merito dell’enorme desiderio che aveva..."
Erano ancora i tempi del servizio militare obbligatorio, molto utile per far mettere il naso fuori di casa ai giovani che non erano mai usciti dal loro paesello e per far sì che si conoscessero tra loro e facessero amicizia con altri provenienti da ogni parte di Italia. Forse, senza volerlo, era anche un sistema che univa la nazione e limitava la chiusa mentalità razzista, purtroppo oggi dilagante. Erano pochi giorni, meno di una settimana che in caserma erano arrivate le nuove reclute provenienti dal CAR (periodo di addestramento): giovani neo-maggiorenni dalle più svariate provenienze. C’erano quelli di città, più smaliziati, e c’erano i paesani, tutti lavoro e chiesa. Quelli più educati e quelli più sboccati. Quelli dal fisico più robusto e quelli più minuti e scheletrici.
Quella mattina, come ogni mattina, erano tutti radunati in file ordinate nel cortile centrale. Finita l’alzabandiera, il capitano disse che i nuovi sarebbero dovuti rimanere perché il colonnello comandante della caserma doveva parlare loro, mentre gli altri sarebbero andati a svolgere le mansioni loro affidate. Così fu ed il capitano comandò la marcia di questi ultimi verso le camerate.
Quando rimasero solo le reclute, prese la parola il colonnello, con la sua voce molto virile. Era uomo tutto di un pezzo che metteva soggezione. 53 anni, non bello (anzi) ma alto, massiccio, mascelle volitive, occhi severi, spalle larghe, con un filo di barba e con tanto pelo che lo rendeva ancora più virile.
“Ragazzi. Adesso vi passerò in rassegna, uno ad uno. Mi dovrete dire il vostro nome e da dove venite e, se ritengo necessario, risponderete a qualche mia domanda. Uno di voi sarà il mio nuovo attendente. Bene, cominciamo”.
Il colonnello si fermava davanti ad ognuno, saluto militare e tutti rispondevano quello che veniva loro chiesto. Quando fu davanti a Sergio, lo guardò attentamente. Questo fece come tutti gli altri, ma dentro di sé aveva il cuore che gli batteva forte. Era un ragazzo del profondo sud, dalla carnagione scura, capelli neri ricci, grosse sopracciglia nere, labbra grandi e rosse, occhi lucenti, piccolino di statura, magro ma senza esagerazione, con un paio di occhiali che lo distinguevano come uno di quelli oggi definiti “nerd”.
A lui, quell’uomo importante ed autoritario piaceva molto, ne era affascinato, benché fosse più grande di suo padre. Sapeva bene che gli piaceva soprattutto dal punto di vista fisico. Si sarebbe volentieri sottomesso a lui e alle sue voglie più perverse. E’ il carattere passionale di molti meridionali: tanta devozione in chiesa e tanta voglia erotica pronta ad esplodere. Le due realtà sono solo apparentemente contraddittorie ma possono convivere con estrema facilità.
Non aveva mai avuto esperienze sessuali vere e proprie, se si escludono gli innocenti giochetti con i cazzetti degli altri ragazzini del paese e qualche sega sulle poche riviste porno che gli era capitato di vedere. Lui era pienamente cosciente che avrebbe voluto molto di più e, a quella età, gli ormoni fanno scintille. A lui piacevano decisamente gli uomini maturi ed autoritari. Se li immaginava tutti super cazzuti e sempre pronti a monte bestiali dove lui era la vittima sacrificale. Eh i sogni!
Quel giorno fece la sentinella in un deposito nei pressi della caserma. Ebbe il cambio poco prima della libera uscita. Si fece la doccia, si vestì in abiti civili pronto ad uscire coi commilitoni quando gli venne dato l’ordine di restare e presentarsi dal colonnello perché era stato prescelto (in prova). I compagni si congratularono con lui perché non avrebbe dovuto più fare tutte quelle cose faticose e pesanti a cui tutti gli altri dovevano svolgere. Rimase scioccato dalla notizia. Sapeva che, per lui, stare agli ordini diretti di quell’uomo che tanto gli piaceva sarebbe stato certamente una prova difficile.
Come ordinatogli, si presentò puntuale all’alloggio del colonnello, che lo fece entrare e lo condusse nel salotto; quello in divisa e lui davanti, in piedi, in borghese, sull’attenti.
“Dunque. Sto cercando un nuovo attendente. L’ultimo si è congedato qualche giorno fa. Tu mi sembri adatto per questo lavoro, anche perché è evidente che non hai un fisico adatto agli impegni pesanti del servizio militare. Anche se il tuo incarico non sarà propriamente leggero. Dovrai farmi da segretario, tenermi aggiornata l’agenda degli impegni e sistemare la corrispondenza. Inoltre, dovrai farmi da assistente nel gestire le mie cose, come custodire bene le mie divise, camicie, calze ed ogni oggetto di abbigliamento, compreso tenere sempre pulite le mie scarpe e scarponi. Non dovrai pensare alla casa: c’è già una donna che viene tre volte alla settimana per questo. Pensi di farcela?”
“Certamente, signor colonnello”.
“Se non ne sarai all’altezza, ti sostituirò con qualche altro tuo collega”.
“Posso farcela, signore”.
Il comandante rimase in silenzio. Andava su e giù per la stanza senza togliergli gli occhi di dosso, osservandolo attentamente, per un tempo che a Sergio sembrò interminabile. Infine gli si avvicinò, gli mise una mano tra i capelli. Una mano grande, dalla pelle dura. Lui si sentì fremere e dovette chiudere gli occhi, preso da un senso di piacere. In quel mentre, l’uomo si abbassò e gli pose la faccia vicino alla sua sussurrando:
“E poi, sei un bel ragazzo; proprio un bel ragazzo. Potresti servirmi per altro. Sono divorziato e ho bisogno di un bel buchetto per scaricarmi i coglioni”.
Non poté non riaprire gli occhi e, con essi, per lo stupore, anche la bocca, che fu subito invasa dalla lingua famelica del superiore. Lui non fece un gesto, non lo respinse, si fece sopraffare senza reagire. Si lasciò andare tra quelle braccia forti: una lo stringeva a sé e l’altra era andata a tastargli il sedere. A Sergio sembrava di vivere un sogno. Si sentiva mancare le forze.
Venne condotto nella camera da letto. Come in trance sentì il colonnello, seduto sul bordo del letto, impartirgli un ordine:
“Spogliati”.
Obbedì, sotto gli sguardi lascivi dell’uomo. Si denudò con calma lasciando i vari capi in terra, in un angolo, fino a restare con i soli slip.
“Tutto!” gli disse con tono alterato.
Tolse anche quelli.
“Girati”. Lo fece. “Fantastico! Che chiappette fantastiche hai!”. Gli tastò il sedere a piene mani. “Perfette! Rotonde, prominenti e morbide. Proprio come piacciono a me. Molto meglio di quelle dell’altro”.
Gli si addossò dietro e gli sospirò nell’orecchio. “Ma sarai bravo come l’altro?”
“C…ci proverò… signore”. La voce tremula, piena di voglia e di paura. Il sogno si stava avverando. Non lo avrebbe mai creduto possibile.
L’uomo si staccò improvvisamente da lui. Gli afferrò una spalla e, girandolo, lo condusse verso il letto, davanti al quale rimase in piedi, sull’attenti. Il colonnello si allontanò un poco e cominciò a spogliarsi lentamente della divisa, deponendo gli abiti in ordine su una sedia. Man mano metteva in mostra il suo fisico scultoreo, come quello di una statua di Ercole ma, a differenza di quella, era coperto di vero pelo bruno. A quella vista, a Sergio tremavano le gambe. Tutto il meglio che fino ad allora aveva visto e desiderato sui giornaletti porno gli appariva davanti agli occhi come in una favola.
“Mettiti in ginocchio sopra il bordo del letto. Obbedisci”, gli urlò.
L’ordine perentorio ruppe l’incantesimo e lui scattò a posizionarsi come gli era stato detto. Il comandante si avvicinò, si abbassò, gli afferrò a piene mani le chiappette e gliele allargò coi pollici nel solco. Vi affondò la faccia e leccò avidamente il virgineo orifizio grinzoso, gustandosi l’odore della giovane pelle morbida come il velluto. Mentre il ragazzo sospirava dal piacere preparandosi all’evento più memorabile della sua vita, l’uomo fremeva sempre più ingrifato.
“Mi sembra di capire che la cosa ti piace. Mi sbaglio?”. Emise un gemito di approvazione, forse più per il piacere che gli veniva dalle leccate al buchino.
“Ti piace o no?”. La voce autoritaria. Esigeva una risposta.
“Ssssii… signore… mi… mi piace”.
“Bene, bene. Sei sulla buona strada, ragazzo. Ma se ti piace, devo ritenere che ti hanno già scopato?”
“Nnno… signore… Non l’ho mai fatto”.
“Eh mi sembrava! Hai un fiorellino piccolo e… mmm… profumato. Ancora meglio! Sarà un piacere ancora più grande prendermi la tua verginità. Ti farò diventare una vera maiala. Sembra che tu ne abbia la stoffa. Non potrai… anzi, non dovrai più fare a meno del mio cazzo, ogni volta che ne avrò voglia. Chiaro?” Emise ancora solo un gemito.
“Chiaro?” ribadì il colonnello alzando la voce.
“Sissignore. Chiaro! Lei non sarà solo il mio superiore più alto in grado, ma sarà il mio padrone e io il suo schiavo”.
“Bene, vedo che hai capito, solo che non sarai il mio schiavo ma la mia troia e ti prometto che, quando avrai finito il servizio militare, avrai il culo più sfondato del mondo, più di quello del tuo predecessore. Lui non si sottometteva volentieri e, ogni volta che me lo scopavo, strillava come un maialino al macello”.
“Se vuole, sarò muto come un pesce, signore”.
“No, no, anzi. Voglio sentirti gemere, e anche gridare. Voglio sentire quanto ti piace e sentirti dire che sei una troia, la mia troia, che hai voglia di cazzo, che vuoi farti sfondare”.
“Ci proverò, signore. Non so se… Non ho mai provato”.
“Eh già, ma provvederemo subito. Girati e siediti qui sul letto”.
La giovane recluta obbedì immediatamente e… e rimase attonito. A seguito del discorso fatto, il cazzo del colonnello era completamente in tiro. Enorme, duro, leggermente ricurvo verso l’alto, coperto di vene bluastre e con la grossa cappella quasi violacea. Sotto pendeva la grossa sacca pelosa delle palle.
Quello sarebbe stato l’ariete che lo avrebbe sfondato, anzi, decisamente sventrato. Provò un misto di desiderio e paura. Comprese che avrebbe sofferto ma, a quanto aveva letto, sarebbe poi intervenuto il piacere, quello vero. Alzò gli occhi in su. La figura del colonnello era imponente. Metteva soggezione ma quello gli passò le grosse dita tra i suoi capelli, gli prese la testa in una mano e gli si rivolse in tono dolce, questa volta.
“Dai tesoro, comincia a leccarmi i coglioni”. Obbedì e fu invaso da un forte sapore ed un intenso odore virile che gli fece perdere la testa. Era la prima volta che sentiva il sapore e l’odore di un vero uomo. Si dette da fare subito con impegno lisciando i peli e non importava se qualcuno gli finiva in bocca. La lingua poté soppesare ciascuna delle grosse palle. Era in deliquio.
“Ok, bravo. Adesso sali su fino alla cappella. Ecco, così. Dai, prendila in bocca e giraci la lingua attorno. Si… si… ah… Sei bravo, proprio bravo… Si, dai, bagnala tutta di saliva… Si… mmmm…”
Faceva fatica. Le labbra erano tese al massimo per circondare quel fungo saporito. Eseguiva quello che gli aveva chiesto con impegno ed evidente piacere. Teneva gli occhi chiusi per gustarne meglio il sapore intenso. La presa sulla sua testa si fece più salda. Cominciò a spingerla più avanti.
“Adesso prendi tutto il cazzo in bocca e pompalo. Ecco… bravo… un po’ per volta… così… ohhh”.
Ed un po’ per volta riuscì a prenderlo tutto fino in gola. Ebbe subito dei conati ma tolse la bocca, gli fu permesso di riprendere fiato e la riaffondò subito, senza che gli venisse detto. Il piacere gli rese facile l’operazione. Ci volle un po’ ma, alla fine, riuscì a sentirsi solleticare le labbra dal pelo pubico del maschio. Quella grossa mazza era tutta dentro la sua bocca.
“Aaahhh, cavolo… Sei proprio bravo… Adesso pompa e lecca. Credo proprio che, prima di tutto, ti farò assaggiare la sborra. Dovrai ingoiarla tutta, ti piaccia o no. Capito zoccola?”
Il piccolo Sergio, senza fermarsi, alzò gli occhi pieni di lacrime per lo sforzo a cui era sottoposto ed annuì. La vista di quel bel visino angelico impegnato con tanto ardore e che faticava a contenere il suo grosso cazzo lo eccitò in maniera pazzesca. Gli afferrò la testa con tutte e due le mani e gliela scopò con forza preoccupandosi solo del suo piacere e fregandosene del fatto che lo stava soffocando. Ma durò poco, un ultimo affondo, tornò indietro fino a che solo la cappella era dentro e, sbuffando come un bufalo, cominciò a sparare bordate di denso e saporito sperma in quella giovane bocca assetata.
“Ooohhh cazzooo… Bevila… Ingoia tutto, puttana… Ti piace?… Ti piace, troia?... Si, siii… aaahhh”. Le palle sobbalzavano ad ogni fiotto. “Aaahhh… aaahhh… uuuhhh”. Ne sparò tanti, nessuno dei due pensò di contarli, ma furono tutti ben assaporati con la lingua e mangiati senza perderne niente.
Per il colonnello il piacere fu enorme. Gli sembrava di non essere mai venuto tanto. Ma anche la recluta si sentiva più che soddisfatta sia per il buon sapere di quella nuova bevanda e sia per aver fatto godere così tanto un vero maschio come quello. Comprese subito che non c’è niente di più soddisfacente di far godere un uomo”.
Quando si staccò, aveva le labbra lucide di sperma che si leccò via come se non fosse stata sufficiente quella che aveva ingerito. Si accorse di essere venuto sul pavimento senza toccarsi.
“Allora? Ti piace la sborra?”
“Buonissima, signore. Sono venuto anche io”.
“Non mi frega un cazzo che tu sia venuto, puttanella. Se tu vieni o non vieni non mi frega un cazzo. Tu devi pensare solo alla mia di soddisfazione. Capito?” gli precisò con durezza in faccia.
“Sissignore. Certo, signore”.
“Bene”. Il colonnello si sdraiò sul letto. “Vieni qui, piccolo mio”, disse con tono paterno.
Sergio gli si sdraiò vicino. La testa sulla spalla dell’uomo. Dopo poco gli venne naturale mettere una mano sull’ampio torace per giocare col folto pelo brizzolato. Poi si girò mettendo il musino nell’incavo dell’ascella leggermente sudata. Ne respirò l’afrore. Si spinse a leccargli il pelo bagnato. Il colonnello sorrise compiaciuto e allungò il braccio fino a toccargli le natiche ed a sfiorare con un dito il buchino. Il giovane fu scosso da un brivido di piacere mai provato. Sentirsi accarezzare dalle mani di un maschio era fino ad allora impensabile. E col sapore della sua sborra ancora in bocca. Mise la piccola mano sul grande membro che cominciava a rialzarsi. Lo impugnò per quanto poteva e lo segò lentamente, favorendone così la turgidità.
“Riprendilo in bocca e fammelo tornare duro, tesoro, così ti aprirò finalmente il culetto”.
Sergio non se lo fece dire due volte e ci si tuffò a bocca spalancata, mettendoci tutto l’impegno istintivo che l’eccitazione crescente gli suggeriva. Anche perché il grosso dito del comandante, nel frattempo, gli si inserì pian piano nell’ano ancora intatto. Emise dei gemiti di puro piacere che eccitarono sempre più l’uomo che, ad un certo punto, sentendosi pronto, si sollevò sottraendo il ciuccio a quella piccola bocca famelica.
“Sdraiati qui a pancia in giù. Sbrigati” ordinò e subito gli si sdraiò sopra premendogli la mazza dura nel solco tra le chiappe.
“Lo vuoi, puttanella? Vuoi che te lo ficco dentro e ti scopo?”. Era una domanda superflua. Lo avrebbe fatto comunque, eccitato com’era di prendersi la verginità del ragazzo in ogni modo.
“Ohh si signore. La prego. Lo faccia”. Si vedeva che il desiderio di essere posseduto era al massimo, anche se sapeva che avrebbe provato dolore. Era finalmente arrivato quel momento tanto agognato.
Il maschio si sollevò leggermente, quanto bastava per puntare la cappella al buchino, dopo averla abbondantemente bagnata di saliva. Spinse leggermente ma con decisione. Tanta era la voglia che la cappella entrò con facilità, accompagnata da un leggero sussulto del ragazzo. La verga, irrorata nelle vene bluastre, si fece largo nel budello, sprofondando lentamente fino in fondo per poi fermarsi. Il giovane si meravigliò che, contrariamente alle aspettative, non aveva sentito quasi nessun dolore. Merito dell’enorme desiderio che aveva.
“Tutto bene?”. La voce dell’uomo era gentile.
“Ohhh, benissimo”.
Cominciò a fotterlo piano, poi sempre più forte, ancora più forte, sempre di più, sempre di più, sempre di più, fino ad colpire con una monta decisamente violenta, tra grugniti dell’uno e lamenti dell’altro.
“Uuuhhh… Siii… Bravo. Sei proprio un bravo ragazzo. Sei il mio ragazzo troia. Prendilo… Prendilo… Così… Così… Così… Uaaahhh… Ti rompo il culo… Te lo sfondo, zoccola…”
“Si… Siii… Ahiii… Ahiii… Siii… Ancora… Ancora… Più forte… Siii… Più for…teee”.
“Prendi, lurido frocetto. Prendilo tuttooo… Ti spacco, puttana… Cagna schifosa”.
Il ragazzo era all’apice del piacere sotto il peso di quel toro infoiato, sentendosi anche ricoperto di epiteti tanto volgari quanto apprezzati. Era la verità. Era una troia ora decisamente sfondata.
Venne fottuto per una buona mezz’ora in quel modo animalesco ed in tutte le posizioni. Alla pecorina fu fantastico. Il cazzo gli affondava dentro fino allo stomaco. L’ultima fu alla missionaria. L’uomo, coperto di sudore, lo sbatteva come fosse un pupazzo di gomma, pensando solo per il suo piacere. In realtà, il piacere era reciproco.
Il maschio gli prese la testa tra le mani, gli piantò la lingua in bocca e gli esalò dentro il primo grido di godimento mentre esplodeva la prima cannonata nel fondo del suo culo. Poi si inarcò indietro, scattando ad ogni bordata. Una quantità infinita di sborra riempì per la prima volta la sua pancia. Quando ormai non ne poteva contenere oltre, quella cominciò a schizzare fuori ad ogni affondo. Continuò a pompare per un bel po' anche dopo essersi completamente svuotato, quasi come se volesse ricominciare daccapo ma, ad un certo punto, dovette desistere. Soffiando come un bufalo, si sfilò da lui e si sdraiò al suo fianco, ad occhi chiusi, per riprendere fiato e far tornare il cuore ad un ritmo normale.
Sergio lo guardò con amore. Quello era il suo uomo e lo avrebbe sempre soddisfatto ogni volta che voleva, perché lui stesso ne avrebbe sempre avuta voglia. Sapeva essere autoritario ma sapeva anche essere gentile. E poi, ormai sentiva di non poter fare più a meno di quel meraviglioso cazzo.
Da quel giorno, tutto il periodo della naja fu un continuo ed intenso piacere. Essere posseduto con forza tutti i giorni, anche più volte al giorno, era indispensabile per tutti e due. In verità, qualche volta, anche al capitano fu permesso di partecipare, così Sergio poté farsi scopare da quello sotto lo sguardo eccitato del suo signore e padrone e poté anche provare quel godimento indescrivibile di farsi scopare contemporaneamente in culo da due cazzi di maschio vero.
Quando arrivò il congedo fu un giorno dolorosissimo che gli creava un vuoto incolmabile dentro. In tutti i sensi, perché ormai il suo buco era completamente spanato ed aveva bisogno di essere ancora trapanato con ferocia.
“Ciao, piccolo. Non ti potrò sostituire facilmente e non ti dimenticherò mai. Sei stato il mio migliore attendente. Meriteresti una medaglia al merito”. Gli passò una mano tra i capelli e lui socchiuse gli occhi, da cui scendeva una lacrima a rigargli la guancia.
“Promettimi che proseguirai la tua vita e ti troverai un bravo uomo che ti amerà come ti ho amato io e come ti amo ancora”.
Sergio taceva.
“Allora, me lo prometti?”
“Si… sissignore”.
(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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